Affrontiamo il tema delle nuove frontiere della ricerca e della cura nelle patologie oncologiche. Di questa tematica, che tocca da vicino la salute pubblica, parliamo con il Dottor Paolo Muto, Direttore del Dipartimento Corp-s dei Servizi Clinico Diagnostici di supporto ai percorsi oncologici dell’Istituto Nazionale Fondazione Pascale.
Partiamo dai numeri che ci danno contezza dell’aspetto medico e sociale della malattia: quante persone si ammalano di cancro in Italia all’anno? Quali sono le cifre che riguardano la Campania?
Dall’ultimo censimento dell’AIOM sono più di 1000 al giorno i pazienti che si ammalano di cancro, siamo quindi su una cifra globale intorno al 370/380.000 pazienti nuovi all’anno. Di questi in Campania se ne ammalano circa il 10%, siamo quindi intorno ai 37/38.000 pazienti l’anno. Per questi pazienti che vengono studiati, e quindi inquadrati in quello che è il discorso oncologico di successive terapie le armi terapeutiche a nostra disposizione sono la chirurgia, quando possibile, l’immunoterapia, che sta prendendo sempre più piede, la chemioterapia e la radioterapia. Quest’ultima prende almeno il 65/70% dei casi in Italia, è quindi una metodica che ha il suo peso nella cura ma parallelamente lo ha nelle cure palliative nelle fasi più avanzate della malattia.
Considerata la portata e l’incidenza dei malati, si riesce a soddisfare le richieste di cura di questi pazienti?
Sicuramente la distribuzione in Campania dei centri di radioterapia sia pubblici che accreditati è tale che le liste di attesa non sono quelle che si sentono per tante altre situazioni patologiche. È importante sottolineare il discorso legato al tipo di attrezzatura in ogni centro, quanti medici e tecnici ci sono e possono essere messi nelle condizioni di lavoro perché pochi sono i centri pubblici che hanno la possibilità di lavorare in h12, il Pascale è sicuramente uno di questi e lavora con dei programmi di incentivazione e dei progetti che mettiamo in atto anche il sabato e la domenica, questo ci mette nelle condizioni di accorciare le liste di attesa e soddisfare la richiesta degli utenti. Altri centri però non hanno questa possibilità perché c’è, come si dice da tempo, il blocco del turn-over, la difficoltà di assumere nuove risorse umane e quindi possiamo assistere al fatto che, paradossalmente, ci sono ospedali che hanno tecnologia modernissima, apparecchiature arrivate con PNRR o altri fondi, ma di fatto alle ore 15 il turno di lavoro termina e le macchine si fermano.
In Campania a che punto siamo?
La nostra rete oncologica è anche un po’ invidiata dalle altre Regioni perché il nostro Direttore Generale, Attilio Bianchi, ci ha creduto molto e quindi ha investito risorse umane e economiche per realizzare questa rete che ormai risponde in maniera importante alle esigenze dei cittadini e degli utenti. È chiaro che non tutti i pazienti riescono a passare tra la rete oncologica, ma anche quelli che non passano vengono valutati attraverso i GOM, Gruppi Oncologici Multidisciplinari, per cui la presa in carico rimane tale che il paziente può usufruire di tutti quei percorsi obbligati per la presa in cura del cancro.
Nell’ambito della cura, la radioterapia quanto agisce in percentuale nella strategia della cura del cancro?
Dei 37/38.000 pazienti indicati prima la radioterapia sicuramente cura tra i 15 e 18.000 pazienti in un anno, dobbiamo distinguere una radioterapia
pre-operatoria da una post-operatoria, una esclusivamente curativa o quella palliativa che ha comunque la sua funzione. La radioterapia quindi è un veramente un momento di grande cura in cui bisogna mettere le professionalità. In questo momento è una specialità un po’ in crisi perché le scuole di specializzazione non sono cosi appetibili per i nostri giovani, io penso che chi sta nei posti di gestione a livello universitario si dovrebbe inventare qualcosa di nuovo per far sì che questa specialità possa essere fortemente attrattiva, dal momento in cui ne abbiamo forte bisogno per il futuro, perché chiaramente la nostra generazione non potrà continuare in eterno.
Ci sono delle specificità oppure le macchine di radioterapia sono tutte uguali?
No, le macchine possono e devono essere diverse per la cura del cancro. Una grossa distinzione la facciamo tra le macchine con fasci esterni e le macchine, quali la brachioterapia, che sono sorgenti radioattivi di Iridio 192 che vengono poste all’interno del tumore. Per fare un esempio oggi abbiamo la possibilità di curare un cancro della cervice dell’utero esclusivamente con chemio e radioterapia senza arrivare all’intervento chirurgico e questo ci mette nelle condizioni in cui è necessaria l’integrazione tra le varie specialità. Ritornando alle macchine oggi dobbiamo essere fiduciosi perché credo che la nostra Regione abbia le macchine più giovani in Italia, sostituite attraverso fondi specifici quale può essere la legge Amato per la ristrutturazione delle radioterapie del Sud Italia oppure i fondi del PNRR o dei POR che sono stati aggiudicati e soprattutto anche gli accreditati privati hanno approfittato delle leggi dello Stato con il 4.0 che ha messo nelle condizioni di aggiornare o sostituire queste macchine e dare le prestazioni migliori per questi pazienti.