Napoli al centro della ricerca e dello sviluppo nell’ambito chirurgico. Per due giorni di formazione, sono arrivati dal Regno Unito medici per apprendere una tecnica innovativa grazie all’equipe dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Leader di questa tipologia il Prof. Mario Musella, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Bariatrica ed Endocrinometabolica dell’A.O.U. Federico II di Napoli
Normalmente è il mondo anglosassone a essere attrattivo dal punto di vista scientifico, stavolta invece sono giunti a Napoli medici inglesi per carpire le nuove pratiche operatorie. Cosa è cambiato con questa tecnica?
Da sempre il mondo anglosassone è ritenuto un attrattivo dal punto di vista scientifico, c’è stato un evidente cambio di rotta recentemente. La chirurgia italiana bariatrica, quella campana in particolare, esprime notevoli livelli di eccellenza. Molti i colleghi che provengono da realtà sicuramente più avanti rispetto alle nostre condividono le rispettive conoscenze ed esperienze. La tecnica del bypass ad ansa singola è una semplificazione del classico bypass gastrico intestinale, uno degli interventi più seguiti al mondo. Non si fanno più 2 anastomosi (per anastomosi si intendono il collegamento fra lo stomaco l’intestino) ma se ne opera uno solo. Questo naturalmente e si basa su due principi: il primo è di restringere il volume dello stomaco e quindi permette al paziente di mangiare meno; in secondo luogo c’è una parte di intestino che non viene più transitato dagli alimenti. Ci genera l’altro effetto benefico: si mangia di meno e si assorbe in modo ridotto per facilitare il dimagrimento.
Quando ricorrere a questa procedura?
Di chirurgia dell’obesità si comincia a parlare quando il cosiddetto indice di massa corporea, rapporto fra peso e altezza va oltre al valore di 35, questo secondo le linee guida più recenti. Con questi valori se accompagnati dalle patologie annesse come diabete mellito di tipo due, ipertensione arteriosa, c’è sicuramente indicazione di intervenire chirurgicamente. In questo caso l’utenza si rivolge agli ambulatori distribuiti sul territorio. Noi della Federico II siamo ben pronti a dare risposte in questo ambito. Esistono diverse tipologie di soluzioni precedenti alla chirurgia, non sempre si parte con un approccio chirurgico. Si può scegliere un palloncino intragastrico che è una procedura para-chirurgica, utilizzare dei farmaci, classi di medicine molto interessanti che aiutano sicuramente il dimagrimento o vengono in soccorso a chi è stato sottoposto a interventi di questo tipo per rientrare ai livelli di peso successivi all’intervento.
C’è qualche discriminante da valutare prima di pensare a questo intervento chirurgico?
Bisogna essere molto seri, attenti e scrupolosi. Ciò che cerchiamo di fare è di rendere consapevole il paziente grazie anche ad un team fatto da psicologici e psichiatri per vedere che non ci siano controindicazioni, dipendenze particolari da sostanze o di varia natura. Un team multidisciplinare che è fondamentale in chirurgia dell’obesità.
Come ci si prepara effettivamente a un’operazione di questo tipo? Quali sono i cambiamenti dello stile di vita anche da adottare nella fase precedente e successiva all’operazione?
Ci vuole da parte del paziente una grande determinazione e forza di volontà. Dopo l’intervento n il paziente è aiutato in virtù della tecnica chirurgica stessa per seguire un regime dietetico che comunque va continuato nel post operatorio. Non si deve immaginare queste tipologie d’ operazioni come una bacchetta magica che trasformano “il rospo in principe”. Bisogna immaginarla come un’ opportunità per mettere in moto una alimentazione “normale” e quindi dimagrire in maniera graduale.
C’è anche una sorta di fenomeno sociale, ma qual è la reale dimensione il problema dell’obesità sia in Campania che in Italia?
Dobbiamo pensare sempre a quella che amo definire “le regole del 10%.” Circa 60 milioni di persone di questi il 10% , circa 6 milioni, sono obesi. Di questi il 10% è un obeso meritevole di attenzione chirurgica. Il problema c’è quando questi pazienti dalla Campania sono costretti, per motivi di attesa di lista d’attesa, a migrare verso altre regioni dove sono trattati più celermente. Questo fenomeno di migrazione è notevole, bisogna risolverlo aumentando il numero di ore di sala operatoria a nostra disposizione, formare il numero adatto di professionisti dedicati a tale tipo di patologia (psicologi psichiatri nutrizionisti chirurghi anestesisti) che aiutano ad abbattere il fenomeno di migrazione riducendo i tempi per accedere alla sala operatoria.