Il progresso scientifico permette di sviluppare nuove tecnologie sempre più all’avanguardia e pronte a rispondere alle esigenze della comunità. Il campo della medicina è sempre alla ricerca di nuove tecniche e questo riguarda anche la chirurgia protesica mininvasiva. Ne parleremo oggi con il Dottor Angelo Cavallo, chirurgo ortopedico specializzato nel trattamento mininvasivo delle patologie del ginocchio, dell’anca e della spalla.
Cosa intendiamo quando parliamo di chirurgia protesica mininvasiva e quali sono i principali vantaggi di questa tecnica?
Per chirurgia protesica mininvasiva si intende l’insieme di tutte le caratteristiche che oggi sono da considerarsi all’avanguardia e che permettono un risparmio tessutale, ovvero un minor danno durante l’intervento chirurgico, creando numerosi vantaggi nel paziente. Questi vantaggi sono il risultato di numerosi fattori che sono mutati molto negli ultimi anni, i principali sono: la tipologia di protesi, il miglioramento delle tecniche d’impianto, la possibilità di pianificare le caratteristiche dei singoli pazienti e il miglioramento delle tecniche riabilitative. Da ciò ne deriva il principale vantaggio per il paziente: un recupero più rapido e un minor rischio di complicanze derivanti dall’intervento.
Quali sono le principali patologie che necessitano di un intervento di questo tipo?
La principale patologia che necessita di un intervento di protesi è rappresentata per oltre il 90% dalla patologia artrosica, solo per il 10% da quella traumatica. Per artrosi intediamo la degenerazione e l’usura della cartilagine, ovvero la superficie di rivestimento delle articolazioni, che può danneggiarsi o per l’avanzamento dell’età (artosi primaria) o per l’insorgenza di diverse patologie infiammatorie (artosi secondaria) quali le artiti, le emofilie, i microtraumi, le infezioni, ecc.
Per un paziente che si sottopone ad un intervento di chirurgia protesica mininvasiva quali sono i tempi di recupero e in che modo si articola tutta la fase post operatoria?
Grazie alle nuove tecniche mininvasive i tempi di recupero si sono accelerati tantissimo rispetto al passato. Oggi un paziente protesizzato all’arto inferiore può deambulare il giorno stesso o quello successivo con l’aiuto di stampelle. L’utilizzo delle stampelle è consigliato per non oltre 30 giorni ma molto spesso possono essere abbandonate nel giro di pochissime settimane. Per quanto riguarda l’arto superiore la mobilizzazione c’è fin da subito con l’utilizzo di un tutore per 30 giorni. Superati i 30 giorni, sia per l’arto superiore che inferiore, si è già recuperato l’80-90% della funzionalità, resta poi da recupare la forza muscolare e ciò avviene generalmente con i comuni gesti della vita quotidiana. In definitiva entro 30 giorni il 90% dei pazienti ha recuperato la propria autonomia.
Volendo entrare nel merito di questa operazione, in cosa consiste un interverto di tal genere?
Per chirurgia protesica si intende la sostituzione della porzione articolare di un segmento osseo. Indipendentemente dall’articolazione si va a sostituire la cartilagine e pochissimi millimetri sottostanti ad essa con un impianto metallico, costituito nella maggior parte dei casi da lega di titanio. Le principali articolazioni per cui si effettua quest’intervento sono l’anca, il ginocchio, la spalla e, molto più raramente, altre come la caviglia e il gomito.
Lei è specializzato nel trattamento delle patologie legate al ginocchio, l’anca e la spalla. Quali sono le principali differenze che si incontrano operando queste diverse zone del corpo?
Ogni articolazione nella sua specifica funzione e anatomia ha delle peculiarità che devono essere preservate. Dopo un intervento di spalla e di anca è importante che il paziente eviti di compiere dei movimenti per le prime settimane affichè si crei una buona cicatrizzazione attorno all’impianto. Nel caso del ginocchio invece è molto importante che il paziente recuperi sin dall’inizio la mobilità articolare affinchè non vada in contro alla formazione di aderenze.
Lo sviluppo tecnologico è in continua evoluzione, in questi anni quali sono i principali passi avanti che sono stati fatti in ambito di chirurgia mininvasiva?
In primis il miglioramento delle qualità dei materiali e del design degli impianti protesici che permettono una maggiore sopravvivenza dell’impianto nel corpo. Le nuove vie di accesso hanno permesso di ridurre le complicanze legate all’intervento e le nuove tecniche riabilitative hanno ridotto i tempi di allettamento dei pazienti. La possibilità di pianificare la tipologia di protesi in base alle caratteristiche del paziente permette anch’essa una migliore sopravvivevenza dell’impianto all’interno dell’organismo, indipendentemente dalle sue peculiarità anatomiche.
In conclusione vorrei chiederle lei cosa si aspetta dalle nuove frontiere della tecnologia per il futuro.
Le nuove frontiere sono mirate alla riduzione dei tempi chirurgici, a una riduzione delle diversità legate alla mano del chirurgo (chirugia robotica), al miglioramento della sopravvivenza dell’impianto all’interno dell’organismo e allo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche.
In cosa si può migliorare ancora e quali tecnologie dovrebbero essere maggiormente sviluppate?
Senza dubbio la chirurgia robotica può aiutarci in una maggior precisione chirurgica e lo sviluppo di nuovi profili degli impianti protesici può aiutare nell’affrontare le diverse caratteristiche anatomiche che caratterizzano ogni paziente, con cui si scontra ogni giorno il chirurgo ortopedico.