Parlare di Telemedicina significa trattare delle nuove frontiere della ricerca e della medicina, ma c’è sempre il rischio di incorrere in errori di giudizi e di valutazione. A tal proposito è corretto rivolgersi agli esperti come il Professore Antonio Vittorino Gaddi, Presidente Società Italiana di Telemedicina
Professore, quali sono le opportunità della Telemedicina? Quali sono limiti e vantaggi e come si sviluppa?
Oggi ci sono molti termini che confondono tanto i cittadini quanto i medici e il personale sanitario. Noi come “Società Italiana di Telemedicina” abbiamo deciso di semplificare, di togliere le parole complesse o confondenti e gli acronimi. Definiamo telemedicina come “quella componente della scienza medica che, grazie alla utilizzazione delle tecnologie disponibili (ICT e altre), aggiornata e sistematicamente applicata in tempo reale e nella vita reale, si prefigge lo scopo di incontrare e soddisfare i bisogni reali e percepiti dei malati, del personale sanitario e dei cittadini e di implementare la ricerca, al fine di migliorare l’utilità e l’efficacia della medicina in campo preventivo, predittivo, terapeutico e riabilitativo sia nell’ottica clinica, sia in quella della sanità pubblica ovvero sulla comunità”. La telemedicina si prefigge anche il superamento delle difficoltà legate alla distanza tra gli attori e/o alla localizzazione delle tecnologie e ottimizzare processi di cura in termini di efficienza e appropriatezza, a parità di risultati in termini di efficacia, sempre misurati con gli irrinunciabili indicatori di risultato clinico. Se partiamo da ciò, la risposta alla domanda è facile. Le opportunità della telemedicina sono grandissime, in primis migliorare l’assistenza e le cure per i malati e potenziare i sistemi di prevenzione e tutela della salute. In questa visione non ci sono rischi particolari, perché le procedure saranno quelle giuste (partendo dai bisogni del paziente) e saranno opportunamente verificata per misurarne, in tempo reale, utilità e sicurezza. Se viceversa accettiamo definizioni diverse, come quella pericolosamente errata di salute digitale e di sanità digitale, rischiamo una deriva tecnologica. Le informazioni della salute possono essere digitalizzate (o meno) ma questo non rende la salute digitale.
Regolare le misure per una collaborazione tra vari enti e settori che competono a tale ambito agevola lo sviluppo e la progettualità di ogni servizio. Qual è la rete cui bisogna intervenire per un’offerta efficiente e produttiva?
La medicina del futuro, reiventata ex novo per ogni singolo paziente, per parafrasare Valentin Fuster, ha bisogno della creazione di nuove logiche e architetture di cura e non di definire i singoli livelli di interazione/collaborazione tra Enti, Strutture, Aziende, Imprese. Certo nel proporla si dovrà tenere conto delle esigenze dei singoli attori reali, quelli esistenti oggi sul territorio, ma nel progettarla si deve coniugare l’esistente con una visione a 360 gradi sui bisogni e sui percorsi del malato, riorganizzandoli ex novo. Serve un piano organico di cambiamento, organizzativo specificamente, che oggi non esiste. La tecnologia non è il deus ex machina dei Ssn! L’auspicio è che l’attuale governo cerchi di armonizzare con sapienza il tutto nell’ambito di un disegno organico nazionale e poi regionale, concertando le soluzioni >.
Esistono delle norme che ci permettono di filtrare le offerte e valorizzare le realtà realmente efficienti?
No, non esistono ancora, salvo a recuperare alcuni elementi presenti in varie Leggi e Decreti e fare quest’opera di armonizzazione. Esistono in letteratura internazionale degli esempi, degli studi, delle soluzioni anche tecnologiche che possono consentire, in singole isole di questa complessa Europa, di realizzare progetti efficaci ed efficienti. Finora la Medicina è andata avanti molto bene, e possiamo, continuare a farla progredire. Esistono esperti (come ad esempio nella neocostituita sezione Campania della SIT, guidata dal Prof Santomauro dell’Università di Napoli), esistono persone di buona volontà che collaborano tra oro (medici infermieri ingegneri matematici giuristi e cosi via) esistono Agenzie e Istituti (in Italia come in Europa) in grado di definire quali sono i buoni progetti, le tecnologie valide, i percorsi di cura ottimali. Su questi bisogna contare oggi per creare la medicina di domani. La Società Italiana di Telemedicina ad esempio è impegnata fortemente con alcune centinaia di soci all’opera di commissioni nazionali per creare le Linee Guida o di Indirizzo per ogni specifico problema.
Oggi la telemedicina a che punto è? Quali sono le prospettive future per professionisti e pazienti?
Siamo appena nati. Per quanto ricordi bene, alla fine degli anni settanta molte nostre sperimentazioni e studi pionieristici di vera e propria telemedicina (pubblicati prima che internet esistesse, per intenderci) e per quanto nel mio attuale database siano censite oltre trentamila voci bibliografiche sull’argomento pubblicate negli anni successivi, la vera telemedicina, come sopra definita, non è stata mai utilizzata o lo è stata sporadicamente e in settori limitatissimi. Le tecnologie sono state sviluppate, ma la grande potenzialità del mettere le tecnologie al servizio non dell’uomo, ma di tutti che ne possano giovare, è tutta da realizzare. Dunque la telemedicina, una nuova medicina più utile e più umana, è possibile, è alla nostra portata, può amplificare molti processi virtuosi, se non si trasforma in un mero mercato di litio, di silicio e di plastiche assortite, o di atti burocratici digitalizzati e flussi d’informazioni inutili e ridondanti. Sta a noi costruirla in armonia non solo con la Persona, nel rispetto della dimensione temporale dell’uomo, la cui vita è come non mai pervasa dalla freccia del tempo, non quello del progresso tecnologico.