Come combattere la tristezza

Parliamo di psicologia, affrontando un tema a cuore di tante persone: come combattere la tristezza. Un sentimento che spesso viene considerato nocivo ma che, invece, dovremmo imparare ad accettare e affrontare. Lo facciamo in compagnia del dottor Elpidio Cecere, psicologo e direttore del TCS Therapy Center!

Partiamo dalle basi, cos’è la tristezza?

La tristezza, come la felicità, la rabbia e la paura, è un’emozione, una risposta emotiva a ciò che ci circonda. Essa ci rende vulnerabili ma è un’emozione che definisco positiva, perché ci mette in contatto con una parte di noi stessi che ci induce alla riflessione. Anch’io, quando mi sveglio la mattina e sono disforico, tendo ad empatizzare maggiormente e capire con più facilità i miei pazienti rispetto a quando mi sveglio con il “piede giusto”. Quindi la tristezza consente di captare l’altalena di emozioni dell’altro, entrare nella mente e nella vita del prossimo, comprendere l’altra persona, per poi ritornare dentro sé stessi con maggior consapevolezza. È sempre complesso definire la tristezza con precisione, specialmente perché spesso si tende a confonderla con la depressione. Ma la depressione, bisogna tenerlo a mente, è un disturbo del tono dell’umore e comporta la mancanza di volontà verso qualsivoglia attività. La tristezza è tutt’altro, ti porta a concentrarti su di te. Ovviamente non escludo che esista anche una tristezza particolare, che bisogna scansare, perché ci fa piegare sulle ginocchia.

Tendiamo a non raccontare la tristezza, temerla, quasi non volessimo viverla. Invece cosa dovremmo fare?

Dobbiamo viverla. Combattere è un’azione essenziale. La cantante Fiorella Mannoia diceva “chi non combatte ha già perso”. Quindi partiamo dal presupposto che la tristezza è giusta e formativa se vissuta bene. Ti faccio un esempio, quest’estate sono stato a Zanzibar e, per quelle popolazioni, il funerale è un evento positivo, viene festeggiato perché, per motivi anche religiosi, la morte è liberazione. Per noi è qualcosa da nascondere. A te è mai capitato di avere un lutto? Le mie parole suoneranno folli ma io spero per te di sì, perché anche quello è parte integrante della vita. Non bisogna evitare il lutto né tantomeno nasconderlo ai propri figli. La società ci impone che la tristezza sia negativa a prescindere ma noi possiamo scovare qualcosa di positivo in essa, per crescere ed essere persone migliori.

Quindi per raggiungere la felicità dobbiamo passare attraverso il dolore?

Far uscire la sofferenza è uno degli stati mentali più belli che possano esserci. La parte migliore di noi è anche l’altra metà della luna, quella negativa. Pensiamo a quando ci leghiamo a qualcuno: ci vincoliamo solo quando riusciamo ad essere vulnerabili e fragili, quando pratichiamo l’arte di spezzarci senza paura.

Parliamo ora dei più piccoli. La tristezza riguarda anche loro. Come accorgerci della tristezza nei bambini e come comportarsi in questi casi…

Attraverso il pianto, come gli adulti. Il pianto è uno strumento di comunicazione primordiale e unico per i bambini. Esso svolge la funzione di segnalare un bisogno. Il bambino quando piange vuole dirci che o ha fame, o ha sonno oppure ha un impellente bisogno fisiologico. Quando cresce, capire è più complicato perché i ragazzi tendono ad isolarsi. Un consiglio che do ai genitori è quello di non fossilizzarsi sullo stato di tristezza dei figli ma concentrarsi sullo spiegargli cosa sia la tristezza e quanto essa sia normale. Anche gli adulti devono sdoganare con i propri figli la tristezza perché, in ogni caso i piccoli captano sempre lo stato d’animo dei “grandi” che li circondano, attraverso l’attivazione dei cosiddetti neuroni specchio. I bambini comprendono segnali nascosti e li subiscono.

La tristezza può essere il primo passo verso la depressione?

È fondamentale questo messaggio. Avere un umore basso non vuol dire essere depressi. Non bisogna fare diagnosi affrettate. Bisogna differenziare. La tristezza è una risposta emotiva da abbracciare. La depressione è un disturbo del tono umorale, che ci blocca, non ci consente di vivere appieno la nostra esistenza. A fronte di uno stato depressivo non dobbiamo fare innanzitutto diagnosi poco ragionate o immediate, mi rivolgo anche ai miei colleghi. Aiutiamo i pazienti e conduciamoli anche alla scoperta della depressione, gradualmente. Se definiamo un paziente depresso egli finirà per peggiorare. Dobbiamo aspettarli e guidarli…

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