Antonio Giordano: “La scienza sia protagonista, la pandemia ha dimostrato la sua importanza”

Antonio Giordano è tra gli scienziati italiani più noti al mondo: la sua passione per la ricerca lo ha portato negli Stati Uniti, dove è professore di Biologia Molecolare presso la Temple University di Philadelphia e direttore dello Sbarro Institute for Cancer Reasearch and Molecular Medicine. Ma non ha mai veramente abbandonato l’Italia, come dimostra la cattedra all’Università di Siena e le onorificenze di Cavaliere della Repubblica e Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Una vita per la ricerca e per la lotta al cancro, con le denunce dei fattori ambientali come causa di un incremento delle patologie tumorali.

Il mondo della medicina ha realizzato uno sforzo incredibile nel periodo pandemico e i vaccini sono stati realizzati con tempistiche straordinarie: insomma se si investe sulla ricerca i risultati arrivano?

La scienza ha vissuto un ruolo da protagonista. Ovviamente essendo impegnato nell’attività alla ricerca, non ho mai dubitato della sua centralità, anche se, attualmente, a causa della pandemia, tutto il mondo è consapevole dell’importanza della ricerca scientifica e della necessità di incentivarla. Coordinando vari gruppi di ricerca sia in Italia che in America, mi rendo conto che gli USA, già da tempo, hanno compreso l’importanza della ricerca. Non è un caso che lì il lavoro dei giovani ricercatori beneficia di una serie di agevolazioni che spingono molti ricercatori stranieri a “fuggire” dai loro Paesi di origine e a trasferirsi in America.

Per l’appunto, lei rappresenta un’eccellenza italiana all’estero: quando riusciremo a trattenere le nostre menti più fini?

La pandemia Covid-19 ci ha imposto un nuovo stile di vita e ha introdotto nuovi metodi lavorativi. L’Italia si è anche riappropriata di alcune menti eccellenti che per brillare erano state costrette ad emigrare altrove. La pandemia, infatti, ha costretto a lavorare da casa e molti lavoratori hanno colto l’occasione di ritornare in Italia. Secondo il Ministero degli Esteri italiano, nell’ultimo anno il numero di italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni che sono tornati a casa è aumentato del 20% rispetto all’anno precedente. Ad ottobre, il Ministro italiano per l’innovazione tecnologica ha dichiarato che l’Italia ha avuto la possibilità di beneficiare delle competenze e delle innovazioni che gli “italiani di ritorno” hanno portato con loro. Per rendere duraturi questi effetti benefici, però, l’Italia dovrà fare la sua parte, impegnandosi, per esempio, a rafforzare una connessione Internet forte e potente che possa garantire a questi lavoratori le stesse condizioni che avevano presso le aziende per cui lavoravano.

In questi anni si è detto spesso che il mondo avrebbe imparato dalla pandemia, ma a distanza di due anni sono tornate ad affacciarsi con prepotenza le criticità storiche della sanità. Posto che molti problemi non si risolvono in poco tempo, non abbiamo imparato la lezione?

Purtroppo no, credo che siamo dinanzi ad un effetto boomerang. La pandemia ha determinato un forte shock sulle finanze pubbliche, molte delle quali sono state utilizzate per adeguare il sistema sanitario alla gestione pandemica e per far fronte alla carenza di organico. Attualmente se sono state superate le criticità collegate alla diffusione ed alla sintomatologia della trasmissione virale per Covid 19, rimangono quelle correlate alla crisi del sistema sanitario che, continua a necessitare di una radicale ristrutturazione.

Lei vive due realtà e due servizi sanitari molto differenti tra loro, quello americano e quello italiano. E se nel nostro paese molti spingono per un sistema più privatizzato, negli Stati Uniti negli ultimi anni si è cercato di potenziare il sistema pubblico, tra molte difficoltà…

La privatizzazione del sistema sanitario degli Stati Uniti è sempre stata al centro di accesi dibattiti, non essendo mai stata sviluppata una copertura sanitaria a 360 gradi e questo perché non sono previste tasse a sostegno della sanità come in Italia. Ciò vuol dire che la spesa per la cura di una persona è interamente a carico del cittadino, che può curarsi soltanto se in precedenza ha stipulato una copertura assicurativa, o se ha denaro sufficiente per far fronte alla visita, all’operazione, o al ricovero di cui necessita. In Italia, invece, l’assistenza sanitaria è garantita a tutti dallo Stato, quindi ciascun cittadino è tutelato ed ha il diritto e la possibilità di ricevere le cure adeguate.

Dicevamo prima del ruolo della ricerca: negli ultimi anni la lotta al tumore ha fatto passi da gigante e le percentuali di sopravvivenza sono in netto miglioramento. A che punto siamo? Però l’incidenza resta sempre alta: perché oggi ci si continua ad ammalare?

I progressi scientifici sono estremamente all’avanguardia; le nuove tecnologie offrono la possibilità di studiare migliaia di geni contemporaneamente. Oggi curiamo molte patologie tumorali che sono state infauste per anni e sappiamo identificare la terapia giusta per quel determinato paziente. Ormai, possiamo definire il cancro come una “patologia genetica di origine ambientale”, per cui all’indubbio miglioramento del progresso scientifico è necessario associare un’efficace prevenzione primaria, che preveda, innanzitutto, la correzione di alcuni stili di vita errati e limiti l’esposizione ad inquinamenti ambientali; questa potrebbe essere una prima arma potenzialmente vincente contro l’aumento dell’incidenza di molte patologie. Il progresso scientifico e, quindi, il miglioramento delle terapie oncologiche, deve andare di pari passo ad operazioni di contrasto di inquinamento ambientale ad una accurata prevenzione primaria.

Per ridurre l’insorgenza del cancro è necessario un approccio serio e a multilivello, che integri le azioni politiche, l’educazione alla salute ed un efficiente sistema sanitario.

Ci sono poi alcune realtà dove ci si ammala di più. Inquinamento, ambiente, alimentazione: che impatto hanno queste componenti nella prevenzione tumorale?

Il tumore è una malattia multifattoriale, per cui inquinamento e stili di vita ne influenzano sicuramente lo sviluppo. Numerosi studi scientifici sono stati finalizzati ad individuare una correlazione tra l’esposizione ad un certo agente e l’insorgenza di varie patologie (tra cui i tumori) e numerose sostanze sono state identificate e classificate come tossiche (più di 100 secondo l’Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro_IARC). Le informazioni provenienti dall’ambiente “innescano” pathways cellulari complessi e specifici che modificano l’assetto epigenetico del genoma in modo via via più stabile e trasmissibile da una generazione cellulare all’altra. Quindi il concetto che i fattori ambientali, intesi come quelli a cui ognuno di noi è involontariamente o volontariamente esposto, rappresentino un rischio oncogeno non è più trascurabile. Da numerosissimi anni, per quanto riguarda lo sviluppo di neoplasie di origine ambientale, conduco studi che hanno lo scopo di identificare nuove terapie, nuove marcatori diagnostici e prognostici, per esempio, per il mesotelioma pleurico. Questo tumore è causato dall’esposizione alle fibre di amianto e, nonostante questo materiale sia stato bandito, continua ad essere disperso nell’ambiente causando un costante aumento dell’incidenza di mesotelioma. Ho condotto una serie di studi in cui dimostro come riattivare la funzione di oncosoppressori possa essere una utile strategia per combattere questo tumore. Un altro chiaro esempio di tossicità ambientale è rappresentato dalla ben nota esposizione ai raggi UV, che causa numerosi danni al DNA. In un recentissimo studio, condotto dal mio gruppo di ricerca e pubblicato su una autorevole rivista scientifica, evidenzio la scoperta di una nuova proteina coinvolta nella riparazione del DNA. L’abilità delle cellule di riparare il DNA danneggiato è fondamentale per prevenire l’accumulo di mutazioni e l’insorgenza di malattie come il cancro. Per quanto riguarda i corretti stili di vita, il rapporto tra alimentazione e sviluppo di patologie, è da lungo tempo oggetto di ricerca di base ed epidemiologica. Prendendo in esame le “abitudini alimentari” è emersa una forte evidenza scientifica: una alimentazione sana e una regolare attività fisica possono ridurre l’insorgenza di tumori.

In questo senso, la Società Americana per il Cancro ha diffuso nel 2002 le linee guida su nutrizione ed attività fisica per la prevenzione del cancro.

Tra le varie linee guida sugli alimenti da consumare è emerso un ruolo chiave del pomodoro, considerato il “re” della dieta mediterranea. Ho deciso di studiarne gli eventuali effetti benefici su un tumore strettamente correlato all’assunzioni di cibi: il cancro gastrico. Più nel dettaglio, ho testato l’effetto di due estratti di pomodoro, entrambi di origine campana, il Corbarino ed il San Marzano, su tre linee cellulari provenienti da tre pazienti affetti da carcinoma gastrico. I risultati ottenuti dimostrano come tali estratti abbiano la capacità di rallentare ed arrestare la crescita di queste cellule tumorali, agendo su numerose proteine coinvolte nella regolazione del ciclo cellulare, come l’oncosoppressore p130/pRB2.

E l’utilizzo di prodotti campani si riagganciano alle sue radici…

Sono un “napoletano” prestato agli Stati Uniti e considero la Campania come molte altre regioni d’ Italia un’eccellenza non solo per quanto riguarda la qualità dei medici, ma anche per le ottime università e lo svolgimento delle attività di ricerca.

In conclusione, come si diventa Antonio Giordano? E cosa consiglierebbe ad un ragazzo di oggi, magari all’inizio del suo percorso in medicina?

Senza dubbio ho ereditato la passione per la medicina e la ricerca da mio padre, il professor Giovan Giacomo Giordano, che nel corso della sua vita ha sempre promosso l’etica nella professione. Mio padre ha scoperto i gravissimi danni derivati dall’esposizione alle fibre di amianto – malattie dell’apparato respiratorio come l’asbestosi, il carcinoma polmonare, nonché il mesotelioma: grazie anche ai suoi studi l’amianto è stato messo fuori legge, in Italia, nel 1992. Da qui è nata la mia voglia di studiare per provare a dare una speranza a migliaia di pazienti oncologici, per provare a curarli o almeno migliorare la loro qualità di vita.

Ai giovani dico di dedicarsi alla ricerca solo se animati da una grande passione. E’ necessario un arduo impegno, una profonda determinazione unita alla perseveranza: il più delle volte le ipotesi non vengono dimostrate e non sempre le infinite ore di lavoro riescono ad apportare i risultati sperati.

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