Alla ricerca di una “farmacopea musicale”

Che la musica possa svolgere un ruolo importante per il nostro benessere, è noto da sempre. Nell’antica Grecia, durante i Giochi Olimpici si faceva ascoltare musica agli atleti per migliorarne le prestazioni. Il filosofo Pitagora, intorno al 500 a.C., riteneva che la musica avesse poteri curativi sulle malattie fisiche e mentali. Non a caso, al dio Apollo erano ascritte sia la medicina che la musica, alla quale anche i Romani riconoscevano virtù terapiche. C’è insomma un forte ma ancora misterioso collegamento tra musica e medicina. Si sa che il cervello umano è programmato per distinguere la musica dal rumore e per rispondere al ritmo e alle melodie. Studi recenti sulla risonanza magnetica e sulla tomografia assiale suggeriscono che alcune reti neurali hanno la responsabilità della decodifica e dell’interpretazione dei diversi costituenti della musica. Ad esempio, un’area nel lobo temporale destro è deputata a percepire l’altezza delle note, gli accordi (più note suonate insieme) e l’armonia (la successione degli accordi). Un altro centro cerebrale decifra il timbro, distinguendo tra diversi strumenti che suonano una stessa nota. Il cervelletto elabora il ritmo mentre i lobi frontali interpretano il contenuto emotivo di una composizione. Negli ultimi anni, la musica è stata sempre più utilizzata come strumento terapeutico: la musicoterapia interessa diverse aree, dalle malattie neurologiche alla terapia intensiva, alla medicina palliativa. Con la musica si può migliorare la funzione delle reti neurali, rallentare il battito cardiaco, abbassare la pressione sanguigna, ridurre i livelli di stress, aiutare i pazienti con il morbo di Parkinson, chi ha subito un ictus o un attacco di cuore, chi soffre di varie malattie croniche. Alcune ricerche in corso sono volte a selezionare i generi di musica ideali per trattare le diverse malattie: si vorrebbe in pratica elaborare una sorta di “farmacopea musicale” da somministrare attraverso precisi protocolli. Sembra che la musica classica, specie quella di Bach e Mozart, ma anche di Corelli e Tartini, sia efficace nel trattare ansia, sindromi depressive, problemi cardiovascolari o disturbi del sonno. La musica popolare, invece, indurrebbe una maggiore tonicità generale. L’heavy metal è controindicato perché fa aumentare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna; quanto al jazz, ci sono ancora pochi dati sui suoi effetti sulla salute. In definitiva, le basi fisiologiche della musicoterapia e la risposta delle patologie ai diversi stimoli musicali devono ancora essere indagate compiutamente: la ricerca in questo campo ha davanti a sé un lungo cammino, ma si annuncia fruttuosa e piena di sorprese.

Potrebbe interessarti anche...

Ultimi Articoli Inseriti